Le terapie non farmacologiche costituiscono un aspetto importante nella cura della malattia d’Alzheimer. Si accompagnano alle terapie farmacologiche e sono ad esse complementari. Ne parliamo in questo terzo appuntamento di Fermata Alzheimer On Line con la Dottoressa MariaVittoria Beato, Psicologa e psicoterapeuta e referente del progetto Positive Care (metodo ideato da Korian per la cura dei propri Ospiti in cui si inserisce anche l’approccio delle terapie non farmacologiche).

Terapie non farmacologiche: i benefici è il nuovo webinar di Fermata Alzheimer On Line, disponibile on demand sul portale gratuito www.spaziosalute.korian.it.

COSA SONO LE TERAPIE NON FARMACOLOGICHE?

Le terapie non farmacologiche sono strumenti che gli specialisti utilizzano all’interno di un sistema più complesso di cura. Queste terapie sono complementari alle terapie farmacologiche e vi si può accedere sia in ambienti domestici che in centri specializzati. Nelle terapie non farmacologiche la partecipazione del paziente malato è attiva e lui o lei non sono mai soggetti passivi.

Lo strumento si inserisce in un clima assistenziale fondato sull’empatia e l’accoglienza, per certi versi riprendendo l’approccio montessoriano: mantenere l’autonomia e l’indipendenza del paziente è centrale in queste terapie, come anche dargli possibilità di scelta e conservare la propria identità di essere umano. Il focus sulla persona è a 360 gradi e viene valorizzata e assistita nella sua unicità attraverso l’ascolto. L’obiettivo della terapia non farmacologica è di accompagnare i malati di Alzheimer in un percorso terapeutico che mantenga cognitivamente attiva la persona limitando le sue espressioni disfunzionali.

Le terapie si fondano su attivatori cognitivi, che stimolano le competenze cognitive mantenendole allenate e che richiamano alla mente del malato aspetti che hanno fatto parte della sua vita o della sua cultura.

demenza senile

QUALI TERAPIE NON FARMACOLOGICHE SI POSSONO FARE A CASA?

Contro i disturbi del comportamento uno degli attivatori più performanti è la doll therapy: la bambola empatica è stata ideata in modo da rappresentare perfettamente le sembianze di un bambino, riprendendone anche il peso e la massa corporea. La posizione degli occhi e lo sguardo sono stati appositamente disegnati per invogliare il paziente ad interagire con lei, stimolando una relazione affettiva ed empatica nei confronti dello strumento/bambino.

La doll therapy viene studiata nel 1996 con l’obiettivo di trovare un attivatore che suscitasse sensazioni emotive e che manifestasse quello che il malato sentiva e percepiva. Va bene sia per anziani che per bambini affetti da disturbi del comportamento, perché suscita un forte impatto emotivo, bypassando la sfera linguistica. Inoltre, stimola certi bisogni e stati d’animo indipendentemente dalla maternità o paternità non vissuta dal malato di Alzheimer.

In pazienti con demenza senile la bambola viene spesso interpretata come un vero e proprio bambino piccolo, complice il deterioramento cognitivo dei pazienti che non riconoscono la bambola come tale. Ovviamente non tutti i malati la interpretano così e alcuni arrivano a rifiutarla.

La particolarità di questo approccio non farmacologico è che la bambola va proposta al malato come se fosse un bambino. Sarà sufficiente tenerla in braccio e l’interazione con essa verrà da sé. Grazie alla mediazione della bambola le interazioni sociali aumentano e, se accettata dal paziente, deve essere somministrata come una vera terapia, quindi cadenzata e ritmata nel corso della giornata. È sempre consigliabile seguire questa attività attraverso il supporto di personale formato.

A domicilio è possibile attuare anche altri approcci terapeutici che stimolino i sensi della persona con decadimento cognitivo, come ad esempio l’aromaterapia. Il canale olfattivo non è infatti coinvolto nel decadimento cognitivo della demenza senile e servirsi di aromi e profumi stimola i ricordi e la memoria emotiva dei pazienti. Potrebbe risultare perfetta anche per alleviare casi di insonnia e nervosismo, ovviamente accompagnati dalle terapie farmacologiche.

Seguono la musicoterapia e l’arteterapia.

La prima, quando messa in pratica dai caregiver informali è generalmente una musicoterapia ambientale o una musica dedicata alle preferenze del paziente ed usata in certi momenti della giornata. Per la vera e propria musicoterapia serve l’intervento di un professionista che combina movimenti di danza e movimenti fisici all’ascolto della musica, anche a domicilio. Qualora non fosse possibile rivolgersi a un musicoterapeuta, si può provare a far ascoltare al malato la sua musica preferita o stimolare il canto: gli anziani solitamente rispondono positivamente a questa attività. La musica infatti allevia lo stress e favorisce il rilascio dell’ossitocina che riduce paura, ansia, depressione e aumenta la tolleranza al dolore, la comunicazione, la fiducia. Questo cambiamento importante avviene anche grazie alla reminiscenza, al ricordo. Cantare o ascoltare una canzone legata ad un determinato luogo o esperienza sortisce un effetto certamente positivo nel paziente.

L’arteterapia si serve invece della creatività e permette al malato di esprimersi in modo libero e senza giudizi. Anche in questo caso, è consigliabile chiedere il supporto di un arteterapeuta professionista che riesca ad interpretare l’opera creata dal paziente.

In ultimo la Dottoressa Beato menziona la scatola empatica: un box all’interno del quale inserire oggetti legati a ricordi della persona con demenza. Anche in Residenza per Anziani, viene costruita insieme ai famigliari ed è composta da stimoli che lavorano sull’attivazione cognitiva della memoria e sulle emozioni positive.

LA PET THERAPY È UNA TERAPIA NON FARMACOLOGICA?

Esatto, la pet therapy è un approccio non farmacologico sottoposto alla legislazione del 2015 e in vigore dal 2019. L’attenzione è posta sul benessere dell’animale e la terapia si serve di protocolli standard per garantire una relazione sicura tra l’animale e i pazienti. I cosiddetti interventi assistiti con gli animali (I.A.A.) sono di 3 tipi: a valenza riabilitativa, educativa o di attività ricreativa e ludica. Contrariamente a quello che si pensa, questo tipo di terapia non farmacologica coinvolge animali di diverso genere oltre al cane. Parliamo del cane, gatto, coniglio, asino e cavallo. Gli animali impiegati non sono cuccioli, ma hanno già raggiunto almeno due anni d’età. Come la doll therapy, gli animali innescano un grande trasporto emotivo ed entrare in relazione con loro è un processo abbastanza immediato, anche per i malati di Alzheimer.

Rispetto alle altre terapie, questa al domicilio può essere complicata da usufruire.

Si può però fare sicuramente riferimento all’animale d’affezione dell’anziano, rinforzando la relazione e il rapporto tra loro.

Con la pet therapy e la doll therapy, la relazione che si crea è un canale di comunicazione che va oltre il linguaggio. Ma il valore aggiunto della pet therapy è che l’incontro tra i due interlocutori è attivo, perché l’animale risponde al malato. Si parla perciò di un doppio investimento, che da entrambe le parti è emotivo.

I CAREGIVER DOVE POSSONO CHIEDERE DI ATTIVARE QUESTE TERAPIE NON FARMACOLOGICHE?

Per usufruire delle terapie non farmacologiche i caregiver possono rivolgersi al medico di famiglia, al geriatra, al neurologo, ai centri diurni etc. Ma sono anche disponibili le consulenze dei professionisti come quelle di Fermata Alzheimer On Line o i servizi di RSA Aperta. Questa misura della Regione Lombardia eroga diversi tipi di servizi al domicilio per casi gravi di demenza, garantendo alcune ore a settimana al domicilio del paziente erogate dal SSN.

Per approfondimenti e richieste è possibile scrivere alla mail fermata.alzheimer@korian.it o direttamente sul portale spaziosalute.korian.it.

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