Ogni giorno un giorno della memoria
Scrivere per ricordare. Scrivere per non dimenticare. Il giorno della memoria come data per raccogliere tutte le testimonianze di chi l’orrore lo ha visto e lo ha vissuto. Eppure a volte un solo giorno non basta, perché il ricordo si coltiva, di ora in ora.
Edith Bruck è una scrittrice e poetessa ebrea di radici ungheresi, nata nel 1932 e scampata all’età di soli 12 anni all’inferno di Auschwitz, Bergen-Belsen e Dachau, teatri di orrore e terrore dove sono rimasti uccisi i suoi genitori e gran parte dei suoi familiari. Da sempre la sua vita è composta tutti i giorni da un nuovo giorno della memoria, ogni minuto di vita è un’occasione per mostrarsi per ciò che è: una testimone, spesso scomoda e quasi sempre incompresa, degli orrori dell’Olocausto.
Eppure, negli ultimi dieci anni, Edith si è trovata catapultata improvvisamente in un altro giorno della memoria, molto più intimo e forse umanamente più doloroso, quel giorno in cui la memoria comincia a deteriorarsi, cessa di esistere e divora con se stessa l’essenza della persona: il giorno in cui i medici hanno detto che Nelo, suo marito, aveva l’Alzheimer.
Nelo Risi, poeta e regista, Nastro d’Argento 1960 e Premio Viareggio 1970. Un amore nato in Italia il 9 dicembre 1957 e che ancora non si è del tutto spezzato, malgrado gli otto anni di malattia, malgrado gli orrori, malgrado la morte fisica di Nelo verificatasi il 17 settembre 2015. Un amore intenso, pieno di passione, pieno di interessi in comune, intriso d’arte e spesso incentrato sul ricordo e sul superamento del dolore.
Con quella diagnosi per Edith è cominciato un nuovo giorno della memoria che si è ripetuto giorno dopo giorno per ben otto anni e il cui risultato è stato l’ultimo romanzo della scrittrice, “La rondine sul termosifone”, appena pubblicato dalla casa editrice La nave di Teseo. Inizialmente, come spiega la stessa Edith, la decisone di scrivere era stata del tutto personale, uno sfogo per esorcizzare il dolore di ciò che stava vivendo, un’esperienza atroce e traboccante d’amore al contempo. In seguito, però, aveva avuto occasione di confrontarsi con l’amato marito che in un momento di lucidità aveva mostrato una profonda approvazione per la sua scelta. Agli occhi di Nelo, o meglio, del nuovo Nelo, il Nelo che di sé aveva ormai un’immagine del tutto stravolta, sua moglie Edith aveva sempre e solo scritto, in tutte le circostanze, e solo lei era stata in grado di fare ciò, mentre lui, che ora era inutile, privo di ogni capacità, non aveva lasciato nulla alle sue spalle. Edith gli leggeva le opere che aveva scritto in gioventù, quando ancora era un uomo sano, ma lui non poteva riconoscere il frutto della sua mente. È stato in quel momento che la scrittrice ha compreso che scrivere non era solo uno sfogo, ma anche un’occasione in più per ricordare, per ricordare Nelo, anche da malato.
Un romanzo che è il resoconto di una parte della vita di Edith e Nelo, ma che è, allo stesso tempo, la storia di chi ricorda ciò che gli altri hanno dimenticato oppure non hanno mai saputo. Edith, infatti, afferma che spesso la vacuità dello sguardo di suo marito la riportava all’agghiacciante sensazione di essere completamente incompresa da coloro che non avevano mai vissuto l’orrore dei lager. Pronunciando la parola “Auschwitz” non otteneva da Nelo alcuna reazione, come se non avesse detto nulla di sconcertante. Allo stresso modo si era già sentita quando, sfuggita all’incubo dei campi di concentramento, nessuno aveva creduto che fosse possibile che un gruppo di soldati avesse giocato a calcio usando la testa di un bambino al posto del pallone. Inascoltata e inascoltabile, incompresa e incomprensibile per coloro che non avevano vissuto le sue stesse esperienze o che avevano dimenticato ciò che era stata.
Perché questo eterno giorno della memoria non è solo per non dimenticare Nelo, non dimenticarlo nemmeno per un istante, neanche da malato, ma anche per non dimenticare se stessa, perché è vero che con la morte fisica di coloro che amiamo ce ne andiamo un po’ anche noi, ma cominciamo a svanire anche con il loro dimenticare ciò che è stato e ciò che siamo stati.
Eppure, in questo percorso che potrebbe sembrare di morte da ogni punto di vista, si può incontrare anche una rinascita. Ogni giorno un’occasione per dare amore e conforto ad un uomo che, avendo perduto la forza della sua mente, è divenuto fragile e vulnerabile come un bambino. Rassicurare chi si sente smarrito, tranquillizzarlo ed essere per lui l’ultima certezza.
Nemmeno l’oblio può distruggere l’amore.